Come essere felice? Per questa domanda un milione di dollari non basta, eppure sul divano del mio studio l’ho sentita pronunciare decine e decine di volte. Di certo, se qualcuno avesse scoperto la ricetta della felicità avrebbe oggi almeno un premio Nobel o dieci stelle Michelin. Ma se un rimedio universale da seguire passo dopo passo non esiste, un modo per trovarla, la felicità, c’è, eccome.
Per cercare la felicità bisogna seguire due – apparentemente semplici – regole: conoscersi più a fondo; e fare quella che nel gergo viene definita una buona analisi della fenomenologia, che altro non è che l’osservazione della realtà.
Troppo spesso individuiamo obiettivi che dovrebbero portarci felicità e che, al contrario, nel raggiungerli, lasciano l’amaro in bocca, portano infelicità, scoraggiamento, delusione. Ai bambini spesso capita di desiderare ardentemente un giocattolo per poi scoprire, una volta ricevuto, che non era poi così divertente. Lo stesso accade anche a noi adulti con il desiderio di essere invitati a una festa, di ricevere un messaggio, una telefonata, di essere scelti e molto altro, per poi scoprire che non era tutto oro ciò che brillava.
Ricapitolando, per essere felici è necessario:
- conoscersi profondamente
- rimanere con i piedi per terra
A cosa serve conoscersi profondamente?
Serve a distinguere un bisogno legato alla realtà attuale da un bisogno di altra natura. Il bisogno legato alla realtà che stiamo vivendo è il motore della vita stessa, ci spinge verso il dinamismo: come il bisogno di bere acqua perché si ha sete, di alzarsi dalla sedia perché la circolazione fatica, di dire basta a qualcuno che ci sta innervosendo. Cresce dentro di noi come un fastidio indistinto fino a quando, acquistando lentamente forma, ne diventiamo consapevoli per soddisfarlo.
Altri bisogni hanno poco a che fare con la realtà attuale. A questi dobbiamo prestare maggiore attenzione, perché sono infidi, non sempre si fanno riconoscere. Possono, ad esempio, essere legati a situazioni irrisolte che tornano nel presente: I miei genitori non mi hanno mai detto bravo, perciò cerco nel partner la cura delle mie ferite. Naturalmente il rapporto entra in crisi appena il partner smette di sostenere l’altro, o quando il diretto interessato si fortifica. Oppure bisogni che ci sono stati imposti e che abbiamo accettato come fossero nostri: bisogna sposarsi e avere figli; questo facilmente entrerà in contrasto con il desiderio, maturato nel tempo, di fare carriera, viaggiare, vivere in un’altra città, Paese. O più semplicemente, e dolorosamente, con il fallimento di una relazione – caso molto diffuso -. Veder fallire una relazione d’amore mette profondamente in crisi l’idea che avevamo di noi e della nostra felicità, fa riflettere su ciò che stiamo facendo e la via che stiamo percorrendo.
Fare i conti con la realtà è altrettanto importante per riuscire a far combaciare i nostri desideri e bisogni con le possibilità che abbiamo concretamente a disposizione. Il desiderio di andare sulla luna sarà difficilmente realizzabile se non si è un astronauta. Ma quanti desideri irrealizzabili ci hanno condizionato?
Tutti i bisogni che non sono legati al momento presente emergono quasi automaticamente. Eppure più ci si conosce più si possono riconoscere, contenere e dare loro nuova vita calandoli, appunto, nella realtà attuale per chiedersi: Chi sono? Cosa voglio? In quale momento di vita mi trovo? Di quali mezzi dispongo? Cosa mi fa star bene realmente?
In altre parole, cosa mi rende felice?